Descrizione
Incipit
Pare che non sia possibile parlare della morte dei genitori senza regredire alla propria infanzia. O, per lo meno, che non lo sia in poesia.
Se “recordare” e’ un’imperativo, e’ un’imperativo superfluo: il suo opposto non puo’ allignare in poesia.
Nel profondo da cui la parola scaturisce niente si dimentica…….
Quarta di copertina
“”Recordare” e’ prima di tutto un’esortazione al ricordo, tra imperativo e infinito. Viene da “Dies irae” e fa parte della liturgia e della storia della musica: nel profondo significa “riandare col cuore”….”
Recensione
L’esperienza del dolore
Il “Recordare” nei versi di Alperoli, Bertoni e Rentocchini
SPILAMBERTO Un interrogarsi sulla morte: quella dei propri congiunti. Lo fanno Roberto Alperoli, Alberto Bertoni e Emilio Rentocchini in “Recordare” (Incontri Editrice, pp. 90, euro 12), con prefazione di Marco Santagata. Il libro è stato presentato (conduzione di Leo Turrini), l’altra sera, nel gremito Spazio Eventi “Famigli”, con lettura di versi da parte degli autori e interventi musicali di Del Carlo, Ughetti e Valentini. La parola del dolore e del ricordo accomuna, in questo volume (con immagini di Capucci, Chiesi,Guerzoni, Wainer Vaccari), i tre poeti modenesi su un tema universale, non negoziabile, che Alperoli ha sperimentato con la morte del padre, e Bertoni e Rentocchini con quella della madre. Esperienze tristi che hanno fatto trovare gli autori sulla stessa strada della “perdita” di una persona cara. E forse mettere insieme, nella parola scritta, quell’intima indicibilità della angoscia della fine. La poesia diventa canto del dolore, anche se la morte è sentita senza ribellione, senza smarrimenti. E non può esserci il silenzio del poeta su una male inevitabile che tutti abbraccia. Non è voce di affanno quella di Alperoli, il cui stile epigrammatico e il linguaggio essenziale sembrano assumere una funzione quasi catartica della sofferenza. Il suo lamento si offre come sussurro di una brezza leggera, proprio come “il silenzio ti/ veniva incontro/ come il mormorio/ della tua natura”. E’ il pudore di una spiritualità di racconto, anche di fronte allo sgomento di quel magico silenzio che annuncia la fine dell’esistenza del padre. Pur avvertita con rassegnazione austera e triste, la morte assume una evidenza così certa e drammatica nella tormentata coscienza che Bertoni ha delle lacerazioni che hanno accompagnato la vicenda terrena della madre. E la parola pare impastarsi, con un grido forte, nelle viscere della genitrice e fa dire al poeta di resistere “blindato qui/ fra l’utero e il muro/ ridotto a puro pianto…/”. Piace a Rentocchini la possibilità di restituire la madre come presenza, per avverare un dialogo vivente che abolisca le distanze e rimandi ad una visione di esistenza ricca di conforti, di sensibilità sottili e di esperienza dell’anima, al senso di un amore portato ad una dimensione edenica. Allora la rievocazione è di struggente ed acuta nostalgia ed assume il carattere di “elegia domestica”. Michele Fuoco
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